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La recensione di Beppe Spadini

IL PIANISTA

Polanski affronta per la prima volta il proprio passato più tragico (l'occupazione nazista in Polonia, il ghetto di Varsavia) e fa centro, come testimonia la palma d'oro a Cannes.
Nell'inevitabile confronto con "Schindler's list" diversi sono i punti di contatto: sia la localizzazione della vicenda (ma qui restiamo sempre a
Varsavia, là ci trasferivamo nei campi di concentramento), sia la scelta di una rappresentazione della violenza in modo insopportabilmente "ordinario" senza enfasi drammaturgiche, ma anche giustamente senza risparmiarci a quali vette di cinica violenza la storia abbia dovuto assistere.
Adrien Brody, che interpreta il protagonista, è straordinario: incarna a meraviglia un personaggio impressionante per l'eleganza e la regalità d'animo con cui affronta la tragedia fino a quando lo sforzo della sopravvivenza lo costringe a una dolorosa trasfigurazione.
Se un appunto si può muovere al film è che, essendo ispirato a una vicenda vera, passa attraverso situazioni francamente incredibili, e la consapevolezza che la sopravvivenza in quei momenti passava attraverso decine di fortunate coincidenze non muta un senso di inverosimiglianza: paradossalmente a volte la verità è troppo vera, e Polanski poteva tenerne conto.

Spadini

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