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TUTTO SU MIA MADRE
Almodòvar firma un film in cui ha il grande merito di far coesistere momenti comici e drammatici senza perdere di omogeneità e scioltezza narrativa. Nel sottobosco tipicamente "straordinario" del regista spagnolo, fatto di transessuali, prostitute, tossicomani, si dipana una storia di ordinaria drammaticità, quella di una madre che perde il figlio 18enne. La solidarietà muliebre che ne consegue ricorda il monicelliano "Speriamo che sia femmina", per lo stridente contrasto tra le forti figure femminili e l'assenza di figure maschili positive (si può scegliere tra travestiti in cerca d'identità, vecchi rincoglioniti, stalloni decerebrati). Paiono quindi un po' contraddittorie in tale scenario le parole del figlio, che rivendica il diritto di colmare la "metà" vuota della sua vita, data dal padre che non conosce.
L'Oscar come miglior film straniero premia comunque una pellicola che rappresenta per Almodòvar, con le dovute proporzioni, quello che "La vita è bella" ha significato per Benigni: la dimostrazione di possedere registri narrativi più ampi e la capacità di gestirli con equilibrio. Impossibile non menzionare l'ottima prova di Cecilia Roth che impersonifica la forza, la generosità e il dignitoso dolore della madre, ma di rara simpatia è la/o scapestrata/o Agrado interpretata da Antonia San Juan.
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Ultimo aggiornamento 06.04.20
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