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CATERINA VA IN CITTA'
Virzì utilizza la vicenda di una famiglia della provincia laziale che si trasferisce a Roma per indagare, attraverso il mondo adolescenziale che ruota attorno alla 13enne Caterina, le "presunte" differenze tra gente di destra e di sinistra, come già aveva fatto nell'innocuo ma divertente "Ferie d'agosto". Stavolta però c'è più di un'ombra di qualunquismo: intellettualoidi sinistrorsi e arroganti nostalgici vengono in qualche modo accumunati (emblematico l'episodio dei genitori Bucci e Amendola convocati a scuola) in un giudizio negativo che esclude solamente i personaggi estranei a influenze socio-politiche: Caterina, ma anche la candida e a tratti ottusa madre (Margherita Buy), il giovane vicino australiano. E il personaggio del padre, frustrato insegnante, è troppo negativo per farsi portavoce efficace di una denuncia sul calderone politico che esclude i deboli. Si guarda, perchè Virzì è bravo ("Ovosodo" uno dei migliori film italiani degli ultimi anni), ma la satira è annacquata, e come spaccato giovanile le prende sode dal mucciniano "Come te nessuno mai".
Spadini
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Ultimo aggiornamento 06.04.20
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